Perdersi i dettagli

L’esempio più lampante di quello di cui parlo da tempo è questo.
Stiamo parlando di un post di Sasaki Fujika, blogger solitamente preciso, preparato e in buona fede. Una persona che si è sempre definita di sinistra, a quanto ne so, e che segue l’attualità come tutti noi, senza tesi propagandistiche filoquesto e filoquestaltro da sostenere a priori. Una brava persona, anche, per quello che mi è dato sapere. Antifascista, antirazzista e tutto quanto.

Eppure questo post è allucinante. Non nelle opinioni, che in quanto tali sono discutibili a prescindere, ma proprio nei fatti che riporta. Dà una versione dei fatti che non ha alcuna parentela con la storia, ma neanche con la storia che raccontano gli ultrasionisti più sfegatati in Israele.

Lasciamo perdere la definizione del Patto Atlantico come “quelli che hanno vinto la guerra”, su cui svariati milioni di russi, kazaki, serbi, croati, bosniaci, sloveni e chi più ne ha più ne metta avrebbero qualcosa da ridire, se non fossero sottoterra da 60 anni. Restiamo al punto: Palestina e Israele.
Sasaki decide di affrontare un argomento spinoso, cioè, “chi ha cominciato”.
Come ho già scritto, e come alcuni altri hanno già scritto meglio di me, si tratta di un esercizio pericoloso e che non ha niente a che vedere con la pace, perché la pace è stabilire come non ci spariamo più, non chi ha ragione. Anzi: la definizione di pace è “entrambi crediamo di avere ragione eppure abbiamo trovato un modo per non spararci”.

In ogni caso Sasaki affronta questo punto, con un certo coraggio. Solo che si dimentica un dettaglio. Scrive che

al termine della seconda Guerra Mondiale si è (ri)creato lo Stato di Israele, esattamente come dopo la prima Guerra del Golfo s’è decisa la NoFlyZone in Iraq

che

quando si firma un trattato di pace, è perché in quel modo la guerra finisce. E lo si vuole per un sacco di motivi, tra i quali lo sfinimento e la devastazione. Per porre un termine a tutto ciò si decide di soccombere e firmare una pace durevole, cosa che prevede -talvolta- di buttare giù dei rospi, grossi: altrimenti la guerra ricomincia.

che

Israele è una nazione frutto di accordi di pace sottoscritti a livello mondiale da tutti quanti. Una volta che c’è, se non la riconosci e non la vuoi e per dirlo al mondo lanci i missili, per dio, mi pare che abbia tutto il diritto di difendersi.

e che

il mondo normale va avanti con i contratti. Scritti. Controfirmati, fosse anche obtorto collo (magari per chiudere una guerra).

Ecco, Sasaki si è dimenticato un dettaglio. Un piccolo dettaglio, per noi. Ma la prima cosa che ti dice ogni palestinese quando ci parli. Anche il più laico, il più pacificista, il più occidentale, il più incazzato con Hamas, ti dirà sempre una parola: Nakba.
Una parola che ha per l’immaginario collettivo palestinese la stessa rilevanza che Shoah ha per quello israeliano (attenzione: non sto dicendo che sono la stessa cosa; non sto paragonando il numero dei morti; non sto dando dei nazisti agli israeliani; sto dicendo che la dimensione simbolica della catastrofe che rivoluziona per sempre l’esistenza di un popolo è la stessa).
Non è che, come dice Sasaki, alla fine della seconda guerra mondiale si è “(ri)creato Israele” (quel “ri” si riferisce all’anno 70 dopo Cristo, per la cronaca), si sono stabiliti i confini e ora ad Hamas non vanno bene e spara i missili per cambiarli.
I confini attuali non sono, caro Sasaki, quelli dei trattati. La cartina più accurata, a mio parere, è questa:

Ma è un po’ troppo incasinata, perciò per ragione di leggibilità userò questa:

israel-palestine_map1

israel-palestine_map2

Ecco, i confini “frutto di accordi di pace sottoscritti a livello mondiale da tutti quanti” (tutti quanti tranne i palestinesi, ricordo, che erano sotto il dominio coloniale britannico e a cui nessuno ha mai chiesto un parere) alla fine della seconda guerra mondiale sono quelli dello “Stage 2” della mappa. I confini da cui si sparano i razzi sono quelli dello “Stage 4”. Così, per capirsi.
Israele si è mangiato tutto lo Stato palestinese nel 1948. Poi nel 1967 si è mangiato anche un pezzettino di Egitto e uno di Giordania, in cui si sono rincantucciati un bel po’ di palestinesi.
Sia chiaro, sia nel ’48 sia nel ’67 Israele fu attaccato dagli stati arabi, e non sto minimizzando le loro responsabilità di fronte alla tragedia palestinese. Sto solo dicendo che nessun israeliano si sognerebbe mai di rifarsi, come fa Sasaki, ai trattati. Perché secondo la spartizione Onu, le case su cui Hamas lancia i missili sono palestinesi. Tra l’altro effettivamente fino al 1948 quelle case sono state abitate proprio da palestinesi. Proprio gli stessi edifici, con gli stessi muri: ora chi li ha costruiti sta in un campo profughi, e dentro ci sta qualcun altro. Questa è la Nakba.
Oggi, in ogni caso, neanche i palestinesi si sognano di appellarsi ai “trattati”, alla spartizione Onu, perché sanno che lo stato promesso loro nel ’48 e subito sparito non ci sarà mai. Si accontenterebbero (di questo parlano gli accordi di Oslo) dei pezzettini di Egitto e Giordania che Israele occupa (disobbedendo a tutti le risoluzioni, i contratti, le cose che piacciono tanto a Sasaki) dal 1967.

Sto dicendo che va bene sparare i missili? No di certo. Sto dicendo che appellarsi ai “trattati” è una cosa da estremisti filopalestinesi, perché se si tornasse agli “accordi di pace sottoscritti a livello mondiale”, Israele perderebbe buona parte del suo attuale territorio. Oltre che, ovviamente, i territori occupati.
Ha senso metterla su questo piano? No, io continuo a pensarla così. Nel passato non c’è una possibile soluzione, solo dalla comune consapevolezza che c’è bisogno di un futuro di coesistenza tra due popoli e due stati si potrà ripartire.
Ma se una persona intelligente, abbastanza informata e che di suo non mi sembra avere niente contro gli arabi, come Sasaki, scrive delle cose del genere, cioè parte dall’idea che la situazione attuale, quella dello “Stage 4” della mappa, sia la situazione di equilibrio, quella sancita dai “contratti” che qualche arabo cattivone non vuole rispettare, vuol dire che qualcosa non va. Vuol dire che il dibattito pubblico da cui tutti, anche le brave persone di sinistra come me e Sasaki, attingiamo i dati su cui fondare le nostre opinioni, è davvero in uno stato pietoso, in cui il punto di vista condiviso è sempre quello che riesce a imporsi nella contingenza, cioè quello della cittadini israeliana su cui arrivano dei razzi.
E così il fatto che quella cittadina sia israeliana per un capriccio della storia, il fatto che quei razzi abbiano uccisi 20 persone in 5 anni, il fatto che nel frattempo i palestinesi siano morti a migliaia, non esistono più. E ci troviamo tutti a discutere del nulla. Per niente.

5 Responses to Perdersi i dettagli

  1. cometaperiodica ha detto:

    Bravo.

  2. red butler ha detto:

    delle serie coincidenze e paragoni avventati, oggi ho visto due film, bloody sunday e baaden meinhof complex: in fondo, sia i ragazzotti che alla fine del primo si arrruolano nell’IRA, sia tutti quelli che si uniscono alla RAF avranno pensato che “una è un’azione, l’altra una reazione” e stavano sia i primi che i sencondi solo reagendo ad azioni criminali. con questo principio azione/reazione si arriva a giustificare tutto.

  3. masaccio ha detto:

    Red, però, piano col relativismo: io sono dell’idea che un’analisi razionale della storia e della realtà sia possibile, e che i torti e le ragioni siano conoscibili e commisurabili anche e soprattutto da un punto di vista che non è quello dei protagonisti.
    Ho scritto, d’altra parte, che non è su queste basi che si fa la pace. Però, certo, queste basi bisogna conoscerle, per poter provare a farla.

  4. […] religiosi e, da oggi, il laico “di sinistra” Christian Rocca. Vi ricordate quello che scrivevo qualche tempo fa sulla scomparsa assoluta dei fatti che avviene ogni volta si cita la Palestina? […]

  5. […] A onor di cronaca, ricordo, citando il Post, che in quei 3 mesi morirono circa 1400 palestinesi e 13 israeliani. Ma le proporzioni, da quelle parti, sono perse da tempo, come ho già avuto modo di scrivere. […]

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