Il congresso di Rifondazione è stato un bel congresso, un congresso vero, come ormai ce ne sono pochi. Lo scrivevo qui, e lo ammette anche un democratico della prima ora come Mario Adinolfi. Ma voglio comunque tornare sull’elezione di Paolo Ferrero a segretario di Rifondazione Comunista dopo lo sfogo di ieri. Ora che sarà lui il leader gli faccio i miei migliori auguri: è una persona che stimo, ha svolto il ruolo di ministro abbastanza bene e mette passione in ciò che fa. Spero che riesca a tirare fuori dalle grane un partito che oggi come oggi sembra essere in una crisi irreversibile, che sembra ormai già spaccato in due. Ma sono piuttosto pessimista, purtroppo.
Al di là delle discussioni teoriche e delle mozioni, che nella realtà sappiamo che contano ciò che contano, mi chiedo quale sia il disegno politico di Ferrero. Probabilmente è in buona fede. Probabilmente ha firmato un mozione ineccepibile dal punto di vista dell’analisi politica. Ma a farmi paura è la mancanza assoluta di realpolitik dell’ex ministro.
Certo, magari la sua mozione aveva i contenuti migliori, e sfido a trovare qualcuno che non trovi importanti i contenuti. Ma il ripudio della questione del contenitore mi sembra masochista. In un congresso vitale ha votato sola la metà degli iscritti di Rifondazione. Se a metà degli iscritti il mantenimento di questo contenitore così com’è non importava poi molto, figuriamoci a chi non era iscritto. I contenuti sono importanti ma se nei contenitori attuali le persone non si sentono rappresentate e non si attivano, allora devo fare anche un discorso sui contenitori.
Detto questo entriamo più nello specifico della questione. Di fatto Ferrero si mette alla guida di un partito ormai devastato, rifiutando la possibilità di avere uno sbocco unitario al congresso: Vendola aveva fatto un passo indietro, Grassi aveva apprezzato ma l’ex ministro è andato per la sua strada. Ferrero vince un congresso in maniera dorotea (prima sovvertendo la maggioranza di cui lui faceva parte alleando le minoranze, poi imponendo il voto nominale, e un po’ intimidatorio, per l’elezione del segretario).
Ora si trova segretario di un partito lacerato senza avere la maggioranza, dato che la sua coalizione non si può definire maggioranza ma piuttosto unione delle minoranze. Di fatto chi voleva Ferrero segretario non superava il terzo del partito (la mozione uno aveva il 40%, ma se togliamo la componente di Grassi arriviamo a un terzo). Non so come farà a guidare un partito in queste condizioni.
Ora Ferrero va all’arrembaggio dicendo “Mai alleati col PD” (come se anche questa non fosse una discussione sui contenitori come ha evidenziato Polo sul Manifesto di ieri).
Ma ci sono altri motivi che mi rendono perplesso. Mi permetto due considerazioni, una su Ferrero, una su chi la votato (o almeno alcuni). E’ quantomeno curioso che a guidare la rivolta contro il PD sia colui che è stato ministro in un governo di coalizione e che quindi più di tutti ha collaborato con le “forze riformiste”. E veniamo a chi l’ha votato. Ho il sospetto che molti dirigenti locali che si sono schierati per la mozione uno lo abbiano fatto in realtà perché la mozione uno garantiva loro lo status quo, salvando dunque anche il loro ruolo di dirigenti. Ora Ferrero giura che Rifondazione non si alleerà col PD. Ho il sospetto che però quei dirigenti locali che lo hanno votato per mantenere lo status quo, e cioè mantenere la propria posizione in giunte di cui fanno parte insieme al PD, non ci penseranno due volte ad allearsi col partito di Veltroni, magari studiando un alleanza al secondo turno per non consegnare le città in mano “alle destre”. Insomma, truppe affidabili per la conservazione del posto in giunta e della falce e martello.
Ripeto: spero che Ferrero riesca non solo a salvare il partito, ma a farlo tornare sano e robusto. Mi sembra però che, benchè si sia candidato per salvare il partito, il suo atteggiamento sia arrivato non solo a distruggere il partito, ma, cosa più grave, a distruggere delle relazioni fra delle persone che fino a poco fa facevano parte di una stessa realtà politica e sociale.